Da Serracapriola a Ururi

1 - Da Serracapriola a Ururi

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– Viaggiatore, ti posso intervistare?

Antonio si alza dal tavolo dei suoi amici e si presenta così. Lo guardo un po’ perplesso e lui, per spiegarsi, indica il mio zaino:

– Hai uno zaino, sei un viaggiatore!

Penso tra me e me: eccone un altro! Poco prima un’altra persona era venuta a dirmi, con aria complice:

– Scappa da Ururi finché sei in tempo! Io ti ho avvisato!

Insomma, sembra che tutti i personaggi più eccentrici del paese siano attratti dallo “straniero con lo zaino”.


Ma andiamo con ordine. Dopo una giornata di sole arrivo a Ururi e, come da rito quotidiano, mi fermo al primo bar: una birra fresca e un po’ di respiro. È qui che compare Antonio con la sua domanda. Decido di assecondarlo:

– Sto camminando lungo i tratturi della transumanza. Voglio mapparli, per quanto possibile.

Di solito, a questa frase, l’interlocutore mi guarda stralunato e mi chiede cosa siano i tratturi (e io immagino subito che stia pensando a un trattore). Ma non Antonio. I suoi occhi si accendono e risponde:

– Da queste parti passano molti tratturi. Io stesso ho fatto la transumanza con i Colantuono.

A quel punto mi incuriosisce davvero: forse non è uno squinternato come pensavo. Gli faccio qualche domanda, mentre i suoi amici cercano di fermarmi:

– Se comincia, non la smette più!

Ed è proprio così: Antonio è un fiume in piena. Racconta le sue esperienze di transumanza, e mi rendo conto di quanto il suo sguardo sia diverso dal mio, più “accademico”. Io vedo i tratturi come linee con un nome e un punto di partenza e arrivo: Celano–Foggia, da Celano a Foggia. Fine. Lui invece li percepisce come una rete stradale: per andare da un posto all’altro si svolta qui, poi là… i nomi contano poco, conta il percorso.

Mi fornisce una quantità di dettagli, alcuni già noti, altri completamente nuovi. Ad esempio: i pastori cercavano di separare le greggi, lasciando passare almeno tre giorni tra il passaggio di un gruppo e l’altro, così che i prati avessero il tempo di ricrescere e si riducesse il rischio di contagio di malattie. Per coordinarsi usavano le ciaramelle: se un ramo del tratturo era stato appena percorso, il pastore deviava altrove.

Alla fine della chiacchierata Antonio si offre di portarmi a Montorio nei Frentani, il paese più alto della zona, da cui si dice si abbia una vista spettacolare sulla rete dei tratturi.

Partiamo lungo strade dissestate, chiuse al traffico, ma scelte apposta perché offrono scorci panoramici. Ogni tanto Antonio si ferma e mi indica un profilo nel paesaggio: sì, ha ragione, sono proprio tratturi. Arrivati a Montorio, purtroppo, le nuvole basse limitano la visuale. In teoria, nelle giornate limpide, si vedono la Maiella e persino il mare. Pazienza: il panorama merita comunque.

Prima di rientrare passiamo anche da Larino, dove Antonio si improvvisa guida, raccontandomi le usanze locali. È conosciuto anche lì: la gente lo saluta per strada.

La sera, tornato a Ururi, chiudo la giornata nell’unico posto dove si possa mangiare: un pub, con un hamburger. Mentre ceno, penso che è stato un peccato non avere più tempo per parlare con Antonio. Chissà quante altre storie avrebbe tirato fuori. Non gli ho nemmeno chiesto un numero di telefono per ricontattarlo. Un genio, davvero!


Direte voi: ...e il percorso del giorno? Come previsto, il tratturello Ururi–Serracapriola è ormai completamente asfaltato. Ho inserito due piccole deviazioni su sterrato: nella prima ho dovuto attraversare un campo, ma per il resto il tracciato non ha riservato difficoltà particolari.

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Traccia del giorno